Quante volte i nostri consulenti commercialisti ci hanno detto, facciamo questa operazione così risolviamo il problema e riduciamo il fatturato (e quindi le imposte da pagare).
Ma è veramente così semplice?
Se si, allora non avrebbero più senso gli art.1260 e successivi del Codice Civile che regolamentano la cessione del credito PRO SOLUTO !
Che dire poi delle società di Factoring? Perché dovrebbero esistere, se tutto può essere risolto con una banale scrittura contabile del vostro commercialista?
Provate a pensarci solo un attimo….
Certo, ci sono numerose novità in materia fiscale: ma come sempre “NON è tutto oro ciò che luccica!“.
Con il decreto Crescita, le perdite sui crediti sono deducibili automaticamente se sono di modesto importo nonché se il relativo credito risulti prescritto.
Ora vediamo come funzionano questi parametri del Decreto e se l’operazione è veramente così favolosa semplice ed immediata, così come ce la vogliono far passare i consulenti fiscali e tributari.
Entriamo un po’ nel dettaglio, così da chiarire le idee…
In sede di conversione del c.d. “decreto crescita” [1] è stata introdotta una modifica alla norma contenuta nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi [2] che disciplina le modalità di deduzione delle perdite su crediti.
La norma in questione dispone che :
” … le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi “certi e precisi”.
Gli elementi della “certezza” e “precisione” risultano in ogni caso soddisfatti quando, congiuntamente si realizzano due situazioni:
a) il credito sia di “modesta entità”.
Ovvero, ciò si verifica se è di importo:
– minore o uguale a euro 5.000 per le imprese di “rilevante dimensione” (ossia quelle con volume d’affari o ricavi maggiori o uguali a 100 milioni di euro);
– minore o uguale a euro 2.500 per tutte le altre imprese;
e congiuntamente :
b) siano decorsi 6 mesi dalla scadenza del pagamento.
OTTIMO!!! Quante aziende possiedono dei microcrediti insoluti (minori di euro 2500,00) e non pagati da oltre sei mesi? Certamente un numero pazzesco….
Ma c’è un elemento in più….che spesso non viene detto: i requisiti di certezza e precisione sono soddisfatti anche se il diritto alla riscossione del credito è prescritto (ricordiamo che la prescrizione ordinaria è di 10 anni).
Ciò significa che è possibile dedurre la perdita sul credito, a prescindere dall’importo dello stesso, nel momento in cui il diritto alla riscossione del credito risulti essere prescritto, ovvero dopo 10 anni.
Tutto quanto sopradetto, è valido ma è ovvio che non è facile determinare il momento in cui il credito possa considerarsi prescritto !
Infatti, qualunque atto interruttivo (es. solleciti di pagamento) è suscettibile di determinare l’interruzione della prescrizione e, quindi, l’indeducibilità della perdita.
Allo stesso modo, non è agevole determinare il momento iniziale della prescrizione (il momento di maturazione del diritto non è riscontrabile in contabilità).
Su questi ultimi punti l’intervento dell’Agenzia delle Entrate chiarisce in che modo il contribuente, al quale venga contestata la deducibilità della perdita su crediti, debba dimostrare la prescrizione del diritto di credito.
Si potrebbe infatti porre il caso in cui il contribuente lasci volontariamente prescrivere il proprio credito al solo scopo di dedurre poi la perdita !!!
Ma in tal caso, si porrebbe in essere un comportamento antieconomico (la rinuncia al credito) che va giustificato e documentato all’Amministrazione Finanziaria !!!
In particolare, il contribuente, in caso di contestazione dell’Agenzia in merito alla deducibilità della perdita (quindi sia nel caso della prescrizione, sia nel caso della situazione congiunta “certezza+precisione”)
deve essere in grado di dimostrare che il costo sostenuto per aver rinunciato al credito abbia i requisiti della “inerenza” e “inevitabilità“.
OK…ma non avevate detto prima che bastava mettere a perdita e con un paio di click sul bilancio era tutto a posto ???
….cioè, il contribuente deve dimostrare che il costo che avrebbe sostenuto per il recupero del credito sarebbe stato più oneroso del costo sostenuto per la rinuncia al credito stesso [3].
Perfetto….e allora cosa facciamo?
Noi una risposta ce l’ abbiamo: CESSIONE DEL CREDITO PRO SOLUTO, ovvero l’operazione di Factoring.
NOTE:
[1] Art. 33 D.L. 83/2012.
[2] Art. 101, comma 5, D.Lgs. n. 917/1986 (Testo Unico Imposte sui Redditi).
[3] Comm. Trib. Prov. Di Parma, sent. n. 91 del 9 aprile 2010; Comm. Trib. Reg. Marche, sent. n. 113 del 7 luglio 2010; Cass., sent. n. 23863 del 19 novembre 2007.
P.S.
per evitare contestazioni col nostro contributo, l’inesigibilità dei crediti ceduti sarà dimostrata e documentata come imposto dalla giurisprudenza, che in materia (Cassazione sent. nr 1381 del 4 ott. 2000) ha infatti stabilito che la cessione a prezzo simbolico se non corredata da apposita documentazione è da considerarsi indeducibile ai fini fiscali.
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